La parola pelle deriva dal latino pellis, da una radice indoeuropea *pel- con il senso di rivestimento, sostituì il latino cutis,in greco pélla (recipiente di cuoio per il latte),antico alto tedesco fel,in inglese film (pellicola) partendo da questa ultima definizione, possiamo dire che la pelle è la pellicola che riveste ciò che agli occhi non è visibile , forse per questo fin dagli albori dell'umanità ,molto prima della necessità di coprirsi,la pelle ha assunto un valore fortemente simbolico,di fatto la pelle può essere considerato il primo veicolo attraverso cui manifestare il proprio status sia sociale che spirituale.
Nei secoli un accento è stato posto sul valore sociale attribuito al colore della pelle, questo ha dato origine a differenziazioni razziali; nella società occidentale la carnagione chiara era attribuita alle classi alte al contrario carnagioni scure alle classi contadine
anche in oriente ed in particolare in Giappone questo gusto estetico pare essere arrivato dalla Cina in epoca Tang (VII-VIII).
La prima testimonianza di tatuaggio risale al 5300 A.C. sul corpo di un uomo congelato rinvenuto sulle alpi italo-austiache nel 1991,
impressi nella pelle dell'uomo evidenti segni ottenuti probabilmente incidendo la pelle e sfregando carbone polverizzato su di essi.
Le pitture funerarie dell'antico Egitto mostrano tatuaggi sui corpi delle danzatrici, tatuaggi rinvenuti anche su alcune mummie femminili (2000 a.C.).
Purtroppo la storia del tatuaggio non può essere descritta in modo rettilineo per la mancanza di reperti e testimonianze, ma sappiamo che in epoche e luoghi diversi ebbe valori differenti così mentre
i Celti adoravano divinità animali ed in segno di devozione
se ne tracciavano i simboli sulla pelle,
tra gli antichi romani, che credevano fermamente nella purezza del corpo umano, il tatuaggio era vietato ed adoperato esclusivamente come strumento per marchiare criminali e condannati,solo in seguito alle battaglie con i britannici che portavano tatuaggi come segni distintivi d'onore, alcuni soldati romani cominciarono ad ammirare la forza dei nemici ed i segni che portavano sul corpo, così cominciarono essi stessi a tatuarsi sulla pelle i propri marchi distintivi. Fra i primi cristiani era invece diffusa l'usanza di osteggiare la propria fede tatuandosi la croce di Cristo sulla fronte. | |
Nel 787 d.C. Papa Adriano proibì nuovamente l'uso del tatuaggio ma la ''necessità'' volle che nell'undicesimo e dodicesimo secolo gli stessi crociati furono costretti a portare sul corpo il marchio della Croce di Gerusalemme, questo permetteva, in caso di morte sul campo di battaglia, di fare in modo che il soldato ricevesse l'appropriata sepoltura secondo i riti cristiani.
Dopo le Crociate, il tatuaggio sembra nuovamente scomparire dall' Europa. | |
Nei primi anni del 1700, i marinai europei vengono a contatto con le popolazioni indigene delle isole del Centro e del Sud Pacifico e dagli appunti del capitano Cook (1769), sappiamo che uno dei metodi principalmente utilizzati dai tahitiani per tatuare era quello di servirsi di una conchiglia affilata attaccata ad un bastoncino Nelle isole del Pacifico il tatuaggio aveva una grande valenza culturale,per esempio quando le ragazze tahitiane raggiungevano la maturità sessuale le loro natiche venivano tatuate di nero, quando sofferenti, gli Hawaiani si tatuavano tre punti sulla lingua,
In Borneo gli indigeni si tatuavano un occhio sul palmo delle mani come guida spirituale che li avrebbe aiutati nel passaggio all'aldilà mentre a Samoa era diffuso il "pe'a", tatuaggio su tutto il corpo che richiedeva 5 giorni di sopportazione al dolore ma era prova di coraggio e forza interiore. Chi riusciva nell'impresa veniva onorato con una grande festa.
In Nuova Zelanda i Maori firmavano i loro trattati disegnando fedeli repliche dei loro "moko", Negli anni venti dell'ottocento cominciò la macabra usanza di barattare pistole con teste tatuate di guerrieri Maori. | |
Spostandoci in Giappone sappiamo che il tatuaggio era praticato fin dal quinto secolo avanti Cristo ed anche qui aveva diverse valenze anche contrapposte, esso infatti poteva esser un semplice ornamento estetico ,ma veniva utilizzato anche in pratiche spirituali e per marchiare criminali.
Per sottolineare ancor più la valenza sociale delle incisioni sulla pelle in Giappone, bisogna ritornare all'imposizione nell'antico Giappone di dure leggi repressive che vietarono alla popolazione di basso rango di portare kimoni decorati. In segno di ribellione queste stesse persone cominciarono a portare, nascosti sotto i vestiti, enormi tatuaggi che coprivano tutto il corpo partendo dal collo per arrivare ai gomiti e alle ginocchia. Il Governo giapponese nel 1870 dichiarò illegale questa pratica ritenuta sovversiva, ma il tatuaggio continuò a fiorire e a prosperare nell'ombra. Nello stesso periodo la Yakuza, la mafia giapponese, adottò ben volentieri la pratica "fuorilegge" del tatuaggio su tutto il corpo. I loro disegni, molto fitti ed elaborati, rappresentavano solitamente conflitti irrisolti ma riproducevano anche simboli di qualità e caratteristiche che questi uomini intendevano emulare. Ad esempio una carpa rappresentava forza e perseveranza, un leone attitudine a compiere imprese coraggiose. La pelle più di ogni altra cosa è ciò che da sempre ha identificato un gruppo e la propria riconoscibilità,prima della necessità di coprirsi prima ancora del concetto di 'costume' c'è il bisogno di appartenenza la chiave per comprendere il variegato mondo della moda, dove ogni segno è un simbolo che racchiude un valore proprio come il tatuaggio. Chiara Aversano |
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